cultura

Parlare di politiche culturali, anche per una piccola comunità come Cannara, significa in primo luogo mettere in evidenza come il senso del vivere collettivo sia mutato in questi ultimi 30 anni.
L’ossessione per il raggiungimento della ricchezza personale, il culto della privatizzazione e del privato, la disparità crescente tra ricchi e poveri, ci fa chiedere se essere ricchi è ancora un mezzo o è diventato l’unico fine. Non ci chiediamo più se un’azione, se un’iniziativa o un ‘opera privata o pubblica sia buona, giusta, corretta o se renderà migliore la nostra società, il nostro vivere insieme. Sappiamo quanto costano le cose ma non valutiamo più quanto valgono. Ci siamo abituati a calcolare con attenzione il ritorno di ogni nostro investimento ma ci sfugge che pochi sono i luoghi rimasti in cui siamo realmente liberi di scegliere. Ridotti ad essere clienti-spettatori di un sistema complesso, singole individualità connesse dalla televisione e dal web, abbiamo dimenticato il valore del nostro “ruolo sociale”, del’importanza della nostra partecipazione.
La crisi ha accelerato tutto questo, ma “l’impoverimento” di Cannara è frutto di un’opera lenta e progressiva che ha impiegato più di qualche decennio e i cui attori sono stati vari.
Oggi dobbiamo decidere se essere cittadini qui a Cannara ha un senso per noi, se significa qualcosa vivere in una comunità e cosa siamo pronti a fare per il nostro Paese. Nessuno può pensare che una comunità si risollevi per l’intervento miracolistico di pochi. E’ collettivamente che dobbiamo agire: Amministrazione Comunale, Associazionismo e singoli cittadini, tutti insieme per far ripartire il Paese.
Questo si può fare solo con la conoscenza, l’informazione, la partecipazione e l’apertura a tutti, a partire dai bambini, perché non si può curare né tutelare, né rendere vivo ciò che non si capisce e non si ama. Le politiche culturali sono cioè la chiave per un cambiamento profondo della percezione e della fruizione collettiva del paese e un progetto culturale forte per Cannara deve essere la nostra più alta ambizione. Il desiderio di una collettività che si riconosce e vuole costruire cittadinanza e vita sociale nei luoghi pubblici.

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